La Voce dei Diritti
L’editoriale, di Simona Costamagna
L’INSICUREZZA ALIMENTARE
Non è un’istantanea incoraggiante quella del Rapporto sull’insicurezza alimentare mondiale di dieci mesi fa (SOFI – The State of Food Security and Nutrition) delle Nazioni Unite. La fame nel mondo cresce e da cinque anni non accenna a rallentare, tanto che si parla di 811 milioni di persone vittime dell’insicurezza alimentare acuta; persone che hanno urgente bisogno di assistenza alimentare salvavita e sostegno ai mezzi di sussistenza.“La fame acuta sta salendo a livelli senza precedenti e la situazione globale continua a peggiorare” denuncia il Direttore Esecutivo del World Food Program (WFP) David Beasley sottolineando come “ i conflitti, la crisi climatica, il COVID-19 e l’aumento dei costi di cibo e carburante hanno creato una tempesta perfetta, e ora abbiamo la guerra in Ucraina che accumula catastrofe dopo catastrofe. Milioni di persone in dozzine di paesi sono sull’orlo della fame”. Ma come si traduce tutto questo nel quotidiano a livello locale, vale a dire, in Italia? L’Istat ha calcolato che i prezzi dei prodotti alimentari sono cresciuti a dismisura: nel corso del 2022 una famiglia si troverà a spendere solo per il cibo quasi 500 euro in più rispetto allo scorso anno. Ma non basta, secondo il Rapporto “La pandemia che affama l’Italia. Covid-19, povertà alimentare e diritto al cibo” il 76,85% degli intervistati ha sofferto di grave insicurezza alimentare e ha dovuto saltare ripetutamente interi pasti per la mancanza di cibo. E’ quindi un fatto, l’insicurezza alimentare – che era considerata una criticità legata ai paesi in via di sviluppo – oggi è diventata una preoccupazione anche dei paesi più industrializzati, come il nostro, come la bella Italia. Pertanto, mentre da Torino a Catania le categorie più fragili del tessuto sociale subiscono gli effetti di pandemia, globalizzazione, tensioni geopolitiche, guerre, speculazioni, filiere produttive obsolete e distribuzioni inquinanti, cosa si può fare per aggredire il problema e restituire dignità ai cittadini? Fortunatamente, moltissime cose: in primis, procedere speditamente con la mappatura del fenomeno per determinarne le dimensioni. Successivamente varare misure tese ad aggredire e ridimensionare la criticità, attraverso un vero e proprio piano nazionale dedicato all’insicurezza alimentare. Piano, concertato con regioni e comuni, al fine di comprendere le difficoltà e le potenzialità dei Dipartimenti comunali e delle Reti Civiche. Dulcis in fundo: investire nella cultura, nell’educazione e nella salute attraverso corsi comunali e municipali di sensibilizzazione ai prodotti naturali, alle filiere corte, ai gruppi di acquisto solidale, alla valorizzazione del Km 0, all’economia familiare e alla gestione del budget mensile.
Ps: .. recuperiamo il vecchio adagio “la guerra contro la fame, è in realtà la guerra di liberazione dell’umanità intera” J. F. Kennedy